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Rischi in montagna, Cesa Bianchi: puntiamo su formazione e collaborazione

Il 5 marzo sulle pagine del quotidiano La Stampa è uscito un articolo dedicato a rischi e incidenti in montagna. Il giornalista Enrico Martinet ha svolto la sua analisi avvalendosi dei pareri del presidente delle Guide Alpine Italiane Cesare Cesa Bianchi, del presidente delle Guide valdostane Guido Azzalea e di un istruttore delle Guide, Hervé Barmasse. Con Cesa Bianchi abbiamo voluto tornare sul tema approfondendo alcuni concetti e spiegando in che modo la formazione possa essere migliorata e possa svolgere un ruolo importante nel futuro dei professionisti e degli appassionati di montagna.

“Cultura di montagna e una formazione che riavvicini alla conoscenza ambientale” sono gli strumenti per riconoscere i pericoli e ridurre i rischi. Ma concretamente su cosa dobbiamo lavorare?
Dobbiamo guardare a una formazione che, più che al gesto tecnico, punti sulla conoscenza dell’ambiente in cui ci si muove. Oggi alla montagna si arriva per diverse strade: c’è chi approda alle falesie o addirittura alle vie lunghe di arrampicata in montagna provenendo dalle palestre indoor; c’è chi scia in freeride forte di una lunga pratica in pista. Questi approcci vanno anche bene ma non sono sufficienti da soli per ridurre i rischi, non implicano la conoscenza della montagna. È essenziale per chiunque la frequenti, e naturalmente a maggior ragione per le Guide, sapersi muovere a tutto tondo, ovvero conoscere profondamente l’ambiente, saperlo interpretare, saper vivere la montagna anche con il ritmo della camminata. In questo senso bisogna tornare a camminare. Partendo da questa idea abbiamo studiato le modifiche della legge 6/89 che regola la nostra professione: l’emendamento a cui stiamo lavorando da molto tempo e su cui speriamo che i legislatori pongano presto nuova attenzione.

Dinamiche del gruppo e condizionamenti sono aspetti che incidono nel lavoro della Guida Alpina. Come si può migliorare l’insegnamento alla gestione?
Come Uiagm (l’Unione Internazionale delle Associazioni delle Guide Alpine) abbiamo già individuato una soluzione nell’ambito della formazione, introducendo nella parte finale del corso Guida un periodo di tutoraggio, cioè un affiancamento dell’allievo a una Guida esperta, non per forza istruttore. Si tratta di un certo numero di giorni, diviso nei tre moduli: arrampicata, alta montagna e sci. In questo modo l’allievo tocca con mano le problematiche che possono incorrere nella relazione e nella gestione del cliente e impara anche cosa significa mantenere la leadership del gruppo e come si arginano le pressioni esercitate dal gruppo. Ho parlato proprio pochi giorni fa della questione del condizionamento con il presidente dell’Uiagm che ho incontrato in Sicilia. Condividiamo la necessità di insistere sul tema e di insegnare a non subire la pressione. Il praticantato è già nella piattaforma attuale dell’Uiagm e pian piano i diversi Paesi lo stanno adottando: così anche il Collegio Italiano sta lavorando per inserirlo nella formazione.

L’affiancamento è un passaggio di conoscenze attraverso la condivisione di esperienze: come dire che una formazione più efficace (in grado quindi di ridurre gli incidenti) passa anche dalla collaborazione?
Direi di sì, tanto che a livello internazionale l’Uiaa (Unione Internazionale delle Associazioni Alpinistiche come i Club Alpini) e l’Uiagm hanno aperto un tavolo di confronto, e stanno valutando una soluzione basata sull’affiancamento e sulla collaborazione anche per il mondo non professionale. Il primo scopo di questo tavolo di lavoro è quello di individuare standard comuni informativi, in modo tale che le informazioni che passano agli allievi dei Club alpini e delle Guide siano le stesse. In secondo luogo Uiagm e Uiaa stanno valutando anche l’ipotesi che la formazione degli istruttori Uiaa sia in collaborazione con le Guide: i Club Alpini cioè, in alcuni Paesi, stanno cercando di condividere la formazione dei loro istruttori insieme alle Associazioni delle Guide. Si sta studiando in sostanza una seria e forte collaborazione fra volontari che operano nella prima formazione della montagna e professionisti.

 

 

 

 



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